di Marta Calligaris
La società occidentale di oggi sembra essere fortemente influenzata dalla diet culture o “cultura della dieta”, un insieme di credenze sul cibo e sul peso che idealizzano la magrezza come standard estetico e di salute.
Questa convinzione porta alla considerazione che avere un fisico magro e muscoloso, mantenere una dieta e delle regole alimentari ferree e praticare costante attività fisica sia una dimostrazione di forza e determinazione, e di conseguenza di maggior valore personale, incoraggiando così a vedere il magro come bello, con più valore, ma anche più amabile e desiderabile.
All’interno dei social e della maggior parte dei canali di informazione, si possono trovare continuamente consigli su come perdere peso “senza sforzo”, per migliorare la propria forma fisica, per sentirsi più prestanti e apprezzarsi maggiormente. Al giorno d’oggi, soprattutto per i giovani, ma non solo, i social condizionano comportamenti e credenze di ogni genere, in particolare quelli che riguardano il proprio aspetto fisico.
Tutte le fasce di età possono quindi essere influenzate da questa nuova cultura, ma quella più fragile è sicuramente l’adolescenza. Trattandosi di un periodo della vita caratterizzato dalla formazione di abitudini, atteggiamenti e comportamenti, questi messaggi possono avere un impatto duraturo sul benessere psicofisico. Le pressioni di queste informazioni, a causa del bisogno di approvazione sociale molto radicato in questo periodo di vita, possono portare gli adolescenti ad essere più vulnerabili ai messaggi scorretti su peso, alimentazione ed esercizio fisico.
La diet culture può essere una grande fonte di stress e ansia, in quanto spesso le persone provano vergogna per le proprie scelte alimentari, arrivando fino al controllo ossessivo su quanto (riduzione dell’introito energetico giornaliero), cosa (esclusione di alimenti e gruppi alimentari, come i carboidrati), quando e dove mangiare (rigidità di orari e luoghi in cui consumare cibo). Queste scelte portano ad incentivare comportamenti limitanti, compulsivi e dannosi per quanto riguarda l’alimentazione e l’attività fisica, il che può portare a eccessiva magrezza, carenze di micro e macronutrienti, scompensi elettrolitici, problemi ossei quali osteopenia e osteoporosi, e amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale).
Prediligere alcuni alimenti considerati “buoni/magri” e riuscire ad eliminarne totalmente altri, visti come “cattivi/ingrassanti”, nonostante all’inizio possa essere visto come una prova di forza, alla lunga può diventare più un obbligo morale che una scelta, e può portare a gravi difficoltà nel funzionamento della persona e nella sua capacità di prendere parte alla vita sociale.
Definire alcuni cibi come “buoni” ed altri come “cattivi”, in poche parole, vuol dire dare loro un valore morale, il che contribuisce ad amplificare il senso di colpa dopo aver mangiato, spesso correlato a comportamenti compulsivi e sintomi di ansia e stress.
Tutte queste considerazioni hanno portato la National Eating Disorders Association (NEDA) ad affermare come il pregiudizio sul peso possa determinare diversi esiti negativi per le persone, una minore autostima e una peggiore salute mentale, portando così all’insoddisfazione del proprio corpo e quindi al rischio di sviluppare un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione.
Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Alimentari (DSM 5), pubblicata dall’APA (Associazione degli Psichiatri Americani), vengono descritti i principali Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione.
In questa sede, per l’obiettivo posto, si andranno a definire brevemente solo alcuni dei disturbi presentati nel DSM 5, in quanto maggiormente coinvolti.
Anoressia nervosa: caratterizzata da restrizioni alimentari significative, paura intensa di guadagnare peso e percezione distorta del proprio corpo.
Bulimia nervosa: prevede episodi ricorrenti di eccesso alimentare, seguiti da comportamenti compensatori, come il vomito autoindotto o l’uso eccessivo di lassativi.
Binge Eating Disorder (BED): si caratterizza per episodi regolari di eccesso alimentare senza atti compensatori. Viene spesso accompagnato da un forte senso di colpa e vergogna, insoddisfazione per il proprio corpo che non accontenta gli standard sociali.
Senza perdersi nell’elenco di tutte le caratteristiche dei disturbi sopra citati, sembra essere molto importante porsi la seguente domanda: quando bisogna iniziare a preoccuparsi?
E’ molto importante valutare quando i pensieri sulla dieta o sull’allenamento divengono troppo intrusivi o estremamente rigidi, e soprattutto se vengono associati a comportamenti ritualistici e ossessivi che limitano la vita sociale.
La ricerca scientifica sostiene che è molto importante promuovere un’educazione equilibrata alla nutrizione, incentrata sull’ascolto del proprio corpo e sul soddisfacimento dei bisogni nutrizionali. Favorire la consapevolezza alimentare, l’attività fisica dell’individuo e il benessere mentale è fondamentale per mantenere uno stile di vita sano a lungo termine, senza che questo diventi un’ossessione.
Il supporto psicologico, in questo senso, è centrale per comprendere l’unicità del proprio corpo e del proprio stile di vita, imparando così a riconoscere e valorizzare le differenze tra ogni individuo, senza vivere nello specchio di ciò che la società ci dice su ciò che dovrebbe essere bello e sano.
“Alla fine della tua vita, le persone non ricorderanno il tuo peso, ma chi eri come persona” (Racquet Wallen)
Per approfondire:
https://www.nationaleatingdisorders.org/
https://www.verywellfit.com/what-is-diet-culture-5194402
https://www.nationaleatingdisorders.org/weight-stigma
Riva, E. (2022). Fragili amazzoni. I nuovi disturbi alimentari degli adolescenti. Milano: Franco Angeli Editore.
Mittoni, F. (2022). Non sono un peso. Milano: Rizzoli Libri.