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Interrogare l’ansia

By 6 Luglio 2022 No Comments

di Tommaso Bortolotti

L’ansia è definita come una preoccupazione relativa ad un evento che si ipotizza possa avvenire nel futuro. Essa si differenzia dalla paura, che, invece, è rivolta verso uno stimolo vissuto nel momento presente. Occorre sempre ricordare che l’ansia è un meccanismo adattivo: infatti serve per prevenire i pericoli che l’ambiente potrebbe riservare, attiva il nostro organismo, aumenta la vigilanza e ci rende pronti ad agire. Anche a livello psicologico l’ansia può essere il segnale che qualcosa, dentro di noi, non sta andando come vorremmo; è come se, anche a livello mentale, il nostro “ambiente interno” ci richiedesse di compiere una modifica, al fine di essere più tranquillo.

I disturbi d’ansia sono condizioni connotate da un’ansia eccessiva, pervasiva e talvolta invalidante. Il nucleo centrale dei diversi disturbi d’ansia è caratterizzato da due elementi comuni: le preoccupazioni relative allo stimolo che genera ansia e la tendenza all’evitamento della situazione che fa scaturire tale stato d’animo. Questi elementi contribuiscono a generare circoli viziosi in cui il soggetto può trovarsi a restringere sempre di più il campo dell’esperienza, sacrificando una serie di attività quotidiane, anche piacevoli.

L’aumento esponenziale dei disturbi d’ansia negli ultimi decenni può essere una interessante fotografia dei mutamenti sociali che stiamo attraversando. Il mondo spinge verso l’individualismo e la performance: l’ansia è vista come una debolezza, una fastidiosa erbaccia da estirpare al fine di poter raggiungere i successi e le soddisfazioni che sembrano essere a portata di mano. La tecnologia, i collegamenti da remoto, le interconnessioni che hanno costituito un elemento salvifico nell’era Covid-19 si sono legati al pensiero che molti limiti possano essere superati. Si può essere in tanti luoghi allo stesso tempo, si può fare quasi tutto. Tuttavia, in un mondo dove sembra tutto possibile, tutto connettibile, il limite diventa  qualcosa di falso, di aggirabile. Ne deriva che, colui che si trova a non vedere realizzati i successi promessi, semplicemente “non ci ha creduto abbastanza”.

Nel mondo del self-made man, che si trova a dover combattere contro gli altri al fine di poter conquistare il proprio posto nella gerarchia sociale, l’ansia sembra non trovare spazio, anzi, è sintomo di qualcosa che non sta avvenendo nel modo giusto. Le richieste sociali inducono ad aggiustare gli ingranaggi difettosi, al fine di poter continuare la propria marcia trionfale verso quel successo che, in realtà, non arriva mai del tutto.

Sia inteso che convivere con l’ansia non piace a nessuno ed è giusto, legittimo e sacrosanto desiderare di poter vivere la vita in una maniera più tranquilla, nel momento in cui questo sintomo risulta pervasivo. Quello su cui si potrebbe ragionare è però l’approccio all’ansia: essa non viene mai considerata qualcosa da poter interrogare, un segnale di qualcosa che sta succedendo dentro di noi. Forse l’ansia può segnalare che la restrizione all’esperienza esterna è in realtà qualcosa che è già avvenuto nel nostro mondo interno. L’accettazione di non poter coincidere con la perfezionistica immagine che abbiamo di noi stessi, di non poter sacrificare troppe parti di noi sull’altare della perfezione, di poter essere incoerenti, cattivi, colpevoli, tristi, può restituirci, anche dolorosamente, la totalità dell’esperienza vissuta. E se iniziassimo a vedere l’ansia come un campanello d’allarme che ci informa che una parte dell’esperienza di vita, in questo momento, ci sta sfuggendo?

Per approfondire:

Benasayag, M., & Schmit, G. (2013). L’epoca delle passioni tristi. Milano: Feltrinelli Editore.

Giustino, G. (2013). Ansia/Angoscia. SpiWeb: https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/ansiaangoscia.